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Sardegna : I "Comuni in Terra Cruda"
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Sardegna : I "Comuni in Terra Cruda"

Il Territorio

Alla voce Campidani Vittorio Angius scrive: "(...) due sono i principali, uno di Cagliari e l'altro di Arborea. Queste cose hanno essi in comune, che siano di pochi metri elevati sul livello del mare (...) le terre argillose scarse di sorgenti (...) povere di arbusti e di piante d'alto fusto (...) che salvo il tempo in cui verdeggiano i seminati compariscano orride come deserti (...) tuttavia tanta copia è di messe che generi ammirazione".


Il Campidano settentrionale (Campidano di Arborea, per V.Angius), regione geografica e funzionale che include la bassa valle del Tirso, è delimitato a nord dal complesso vulcanico del Montiferru, ad est dalla dorsale paleozoica del Grighine e dall'edificio vulcanico dell'Arci, a sud dall'area della bonifica dello stagno di Sassu. Esso comprende tre regioni storiche risalenti al periodo giudicale; più precisamente include le tre curatorie facenti capo al giudicato di Arborea: il Campidano Maggiore con le ville di Baratili San Pietro, Cabras, Donigala Fenughedu, Nurachi, Nuraxinieddu, Riola, Siamaggiore, Solanas, Solarussa, Zeddiani e Zerfaliu; il Campidano di Milis con le ville di Bauladu, Bonarcado, Milis, Narbolia, San Vero Milis, Seneghe e Tramatza ed il Campidano di Simaxis con quelle di Ollastra, Palmas Arborea, Santa Giusta, San Vero Congius, Siamanna, Siapiccia, Sui, Simaxis e Villaurbana. Quasi totalmente pianeggiante, la regione è caratterizzata dal grande segno naturale del fiume Tirso che, dai terrazzamenti antichi all'altezza di Villanova Truschedu, Ollastra e Siapiccia, la percorre in direzione nord-est sud-ovest, attraversando la spessa copertura alluvionale del suo corso inferiore fino a gettarsi, con un piccolo estuario, nel golfo di Oristano a circa 6 km dalla città. La presenza del fiume ha determinato un addensamento di centri urbani nelle aree soggette alle sue esondazioni, in quanto queste garantivano la fertilità del terreno e allo stesso tempo alimentavano numerose zone acquitrinose utili per il sostentamento e la difesa dei paesi stessi.

Il sistema insediativo che dal 1600 agli anni Cinquanta del nostro secolo si è consolidato nel Campidano settentrionale è caratterizzato, come è noto, dalla residenza accentrata in piccoli nuclei urbani e dalla mancanza assoluta, con l'esclusione di rare eccezioni, dell'habitat disperso. Una fitta maglia di strade mette in collegamento ciascun villaggio con quelli ad esso vicini e tutti con la città, senza che vi sia alcuna gerarchia se non quella dettata dalla distanza.

Ne consegue un sistema territoriale di paesi equipollenti, ciascuno dei quali è accorpato attorno al proprio nucleo centrale, circoscritto da limiti naturali che fungono da difesa, primo fra tutti l'acqua. Il rapporto con l'acqua è il carattere dominante dell'insediamento urbano, che si struttura in modo da utilizzare la risorsa idrica e sfruttare, allo stesso tempo, la difesa naturale passiva realizzata dalle presenza di paludi e acquitrini nel suo intorno e talvolta persino all'interno di rioni abitati. Per chiunque non conoscesse bene il territorio, addentrarvisi significava affrontare un rischio che veniva preferibilmente evitato. Oggi è ancora pressoché leggibile ovunque il tessuto storico dell'insediamento, formato dall'aggregazione seriale di tipologie a corte retrostante, caratterizzate dalla grande dimensione con case di 25 o 30 metri di fronte a Cabras, Nurachi e negli altri paesi che delimitano il Sinis, più piccole e maggiormente articolate nei Campidani di Simaxis e di Milis.

Il Campidano meridionale è una realtà geografica e antropica assai complessa, dai confini sfumati se non incerti, che è possibile riconoscere meglio "dall'interno", seguendo il basso corso del Flumini Mannu e la grande forcella che con esso forma il Rio Mannu di San Sperate all'altezza di Decimomannu. La grande fossa campidanese ha certo, come ambito storico, alla grande scala, i margini segnati dai massicci del Serpeddì ad est, dell'Arcosu e del Linas ad occidente; come ambito geografico i limiti sono più prossimi e discontinui: i colli di Monastir (i monti Zara, Crabas e Oladri), di Nuraminis e di Serrenti (Azorcu e Ibera), il monte Assorgia a nord di Ussana e il monte su Zurru presso Donori. Ad ovest i confini sono molto netti con la linea rigida delle montagne dell'Iglesiente. Ad est le colline sono più ondulate e con versanti meno ripidi. La principale chiave di lettura di questa area, per quanto riguarda il rapporto tra la scala geografica e l'insediamento umano è costituita dunque dalle ampie terrazze alluvionali del Flumini Mannu e del Rio Mannu sulle quali si è stratificato e consolidato un sistema insediativo complesso e articolato. Basti pensare, oltre alle tracce della onnipresente romanizzazione del territorio, alla grande stagione della colonizzazione monastica delle terre impaludate, testimoniata dall'imponenza dei grandi monumenti medioevali, da Uta (Santa Maria) a Dolianova (San Pantaleo). Sono questi stessi monumenti, nodi di una rete dei luoghi sacri che copre fittamente tutto il territorio, a segnalarci come fossile-guida la configurazione dei centri poi devastati dalla catastrofe insediativa del Trecento. Oltre quattro secoli più tardi, la rappresentazione cartografica di Alberto La Marmora del 1839, fotografa con l'oggettività propria della cultura illuminista, un territorio in cui la scansione dei centri abitati, oltre che sulla misura dei coltivi, è organizzata su sequenza delle principali vie di comunicazione. Rari i segni: la rete dei percorsi pochissimo gerarchizzata, la Strada Reale (la "dorsale sarda" Cagliari-Sassari), qualche elemento dell'idrografia, i nuclei abitati che concentrano l'insediamento. L'asta del Flumini Mannu è fortemente presidiata dai grandi borghi cerealicoli di Samassi, Serramanna, Villasor; perfettamente parallelo a questo sistema di fondovalle se ne articola un altro, relativamente minore attestato sul bordo collinare ad est, con Serrenti, Villa Greca e Nuraminis. Tutto insieme, questo costituisce con le propaggini occidentali sino ad Uta uno dei maggiori cantoni cerealicoli d'età moderna. A Decimomannu si realizza la confluenza con la valle del Rio Mannu: qui, nel "sistema lineare" dei centri di San Sperate, Monastir e Ussana, il paesaggio cerealicolo dei campi aperti cede il passo ad una crescente presenza dei chiusi con il frutteto, recintati dal basso filare di fichi d'india (oggi dalle alberature di eucalypti e dei cipressi).

Da "Paesi e Città della Sardegna - vol 1" a cura di G.Mura e A.Sanna, CUEC, Cagliari 1998

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